Pubblicata a puntate su L’Osservatore,
dal 21 marzo al 14 maggio, “Da Praga – Impressioni di una crisi” è una rubrica
diaristica che ripercorre dalla capitale ceca la cronaca di un paese
dell’Europa Centrale afflitto dal Covid-19. Nelle lunghe, ma produttive,
settimane confinato a casa – la bellezza di sessantatré giorni (10 marzo-14
maggio), con cinque uscite da mezz’ora l’una – ho cercato di riportare storie,
impressioni, opinioni, valutazioni, notizie e dati che mi hanno accompagnato
nell’avventura casalinga.
Dal 16 marzo al 24 aprile la libera
circolazione delle persone in Repubblica Ceca è stata interrotta, ma il “blocco
casalingo” è durato ancora diversi giorni: e non finirà fino alla fine degli
esami universitari, in giugno. Nel piccolo “taccuino da appartamento”, pagine (web)
della crisi vissuta nelle mura domestiche, ho tentato di vedere – con l’aiuto
di fonti primarie, impressioni “da supermercato”, osservazioni costanti dalla
finestra di casa – movimenti e abitudini dei praghesi durante le varie fasi
della pandemia di coronavirus.
Un piccolo diario nell’ambiente
domestico – dove ho compiuto ventitré anni –, tra tentazioni da frigorifero,
lunghe passeggiate nel salotto (media di 11.8 chilometri al giorno, per oltre
due mesi), letture a più non posso, preparazione degli esami, scrittura, radio.
Gestita dai cittadini boemi e moravi in maniera esemplare, la crisi del
Covid-19 che ha tartassato l’Europa e il mondo intero, in Repubblica Ceca –
mantenendo la tragicità dei fatti e la commozione per chi ha perduto i propri
cari – non ha falcidiato la popolazione.
Primi segnali di crisi in Boemia e
Moravia – 21 marzo 2020
Il sudore si mischia al vapore
contro il panno che copre naso e bocca: una sensazione “umida” che ricopre e
avvolge la parte inferiore del volto. Ogni respiro è un’impresa: chissà come
fanno “quelli con la mascherina”,
si pensa. E non dev’essere un pensiero che fanno in pochi: la Repubblica Ceca
di mascherine non ne ha molte a disposizione. Tanto vale stare a casa e non
rischiare: I “copri-faccia” che erano disponibili fino a pochi giorni fa ora
sono esauriti.
Quelle semplici coperture
elastiche, flessibili, sono altresì un lusso che i più prudenti e lungimiranti
(specialmente gli anziani – teoricamente la categoria più saggia, ma al contempo
più fragile) hanno acquistato giorni fa, prima dell’entrata prepotente del
virus nel piccolo Stato dell’Europa Centrale. Questa, non toccata
eccessivamente dal Covid-19, se comparata ad alcuni drammatici scenari ad
Ovest.
In Repubblica Ceca – dove da giorni
le barriere si sono alzate e il passaggio delle frontiere è diventato complesso
e sconsigliato (per cechi e non) – sono oltre novecento gli infettati
di coronavirus, meno di diecimila i tamponi effettuati (questi, scarsi o
quantomeno insufficienti per fronteggiare lo stadio avanzato del contagio), in
un paese di dieci milioni di persone.
Il virus non è “razzista” e non
guarda al passaporto: getta il suo contagio anche sulla rigogliosa Praga –
epicentro, si capisce, della malattia – che negli ultimi anni ha accumulato
notevoli successi economici (grazie, ricordiamolo, ai generosi fondi concessi
dall’Unione Europea). I primi casi di Covid-19 nella capitale ceca sono stati
registrati diverse settimane fa, quando operatori di taxi hanno iniziato ad avvertire
i sintomi del grande flagellatore …
Minaccia al boom economico ceco –
23 marzo 2020
La capitale ceca è cresciuta molto
negli ultimi dieci-quindici anni e non solo a livello economico. Attratti dalle
possibilità concrete di fare business, molti imprenditori (molti dei
quali italiani) si sono recati nelle terre ceche (più in Boemia che in Moravia)
per far fruttare i loro investimenti in un paese che, del post-crollo del Muro
nel 1989, sente ancora i lividi della dittatura para-sovietica.
Anche se al momento Praga non sta
soffrendo la drammatica sorte del Nord Italia, nuovi contagi da Covid-19 si
registrano ogni giorno: oltre mille contagi, un morto. Il virus si abbatterà
potentemente sull’economia del paese, il cui mercato del lavoro è florido, la
disoccupazione è al tre per cento circa su scala nazionale (circa il due nella
capitale); e rispetto al 2017 c’è stato un incremento del sette per cento del
reddito netto delle famiglie.
L’inflazione è ad un livello
contenuto; negli ultimi due-tre anni a Praga c’è stato un boom dei
prezzi di case e appartamenti. La Repubblica Ceca cresce, ma a fronte
dell’emergenza-virus alcuni sindacati locali hanno previsto che se il contagio
dovesse continuare per tre mesi a ritmi intensi il Prodotto Interno Lordo
potrebbe segnare meno cinque-meno sette per cento quest’anno.
La bella Praga, dal canto suo, non
si è ancora fermata del tutto: certo, anche andare a fare la spesa potrebbe
creare disagio per chi è trafitto e confuso dall’accavallarsi di notizie dal “West”,
focolaio della pandemia. La maggioranza dei cechi non ha sottovalutato il virus
e si è attrezzata di conseguenza e disciplina. Sono molti, troppi, i cittadini
che tengono ai progressi economici di cui sopra e di cui sono stati diretti
artefici e beneficiari: seguire diligentemente le misure di contenimento del
morbo è un modo per non buttare tutto alle ortiche.
Sofferenza nel secondario, tra
dibattiti e carenze – 25 marzo 2020
Il governo di Praga ha riconosciuto che il
sistema sanitario ceco è messo a dura prova dal virus: diverse sono le carenze
materiali. Gli ospedali hanno già rinviato molte operazioni chirurgiche non
essenziali. La penuria di mascherine è visibile: anche i respiratori non sono
molti. L’esecutivo si sta mobilitando e contatta la Cina per un afflusso
massiccio di forniture: stretti i legami tra Praga e Pechino …
L’economia ceca sarà toccata non poco dalla
pandemia di Covid-19: è solo una questione di tempo e il picco di infettati
verrà raggiunto anche a Praga (ad oggi due morti e circa millequattrocento
casi). Essendo basata essenzialmente sul secondario – cioè sull’industria –
l’economia ceca avrebbe gravi ripercussioni se il virus si protraesse a lungo
nel tessuto sociale del paese.
Nel ramo secondario – di cui il Centro-Est
Europa è il massimo esponente nel Vecchio Continente – i danni potrebbero essere notevoli.
Spenta la produzione, come si sosterranno le piccole medie aziende? Il
telelavoro – praticabile solo da poco più di un terzo dei lavoratori cechi – è
un “lusso” da Paesi in cui il terziario è avanzato. Aiuti di Stato ad imprese e
ristoranti sono già stati intavolati dal governo di Praga.
Diversi i miliardi di corone previsti
dall’esecutivo per aiutare le piccole-medie imprese: il debito pubblico – basso
in Repubblica Ceca – salirà di conseguenza, ma il dibattito sui media è un
altro. Sono abbastanza i soldi stanziati per fronteggiare la crisi sanitaria?
Alcuni critici hanno già fatto presente che le misure governative sono timide.
Dal ramo sanitario a quello economico: crisi o non crisi, anche in Cechia, gli
economisti si scontrano in merito alle ripercussioni di una spesa pubblica
massiccia.
Mascherine: quando la protezione è
un obbligo – 27 marzo 2020
La penuria di mascherine
chirurgiche ha indotto pochi giorni fa il governo ceco a concedere la
riapertura delle mercerie, in modo che i più abili e fantasiosi, con ago e
filo, potessero fabbricarsi una protezione “fai da te” per naso e bocca. Al
momento, ancora, in Repubblica Ceca sciarpe e maglioncini a collo alto sono gli
escamotage più comuni vista la carenza di mascherine per arginare un
potenziale contagio.
In tempo di crisi, si dice, tutto
fa brodo: anche una semplice sciarpa o uno scialle possono salvare la vita.
L’indumento da girare intorno al collo è una “costante ceca”. A causa del
virus, molti cittadini lo sciarpino non se lo sono tolto da mesi, visto che
l’inverno ceco inizia presto e finisce tardi. E appena c’è stato uno spiraglio
di primavera, è arrivato il virus che senza pietà ha imposto il “rinnovo” della
protezione collo-mento, con estensione fin sopra il dorso del naso.
Protezione di cui molti negozi – i
pochi che non hanno chiuso battenti – non sono ancora munito i loro impiegati
(in alcune carceri ceche i detenuti sono al lavoro per ovviare alla penuria di
mascherine). L’obbligo di protezione delle vie aeree è obbligatorio in
Repubblica Ceca che, a differenza di diversi stati europei, ha già predisposto
una multa di diecimila corone – circa quattrocento franchi – a chi è in giro
senza panno in volto o mascherina.
Questa, oggetto al centro di un
piccolo scandalo praghese successo qualche giorno fa (e che ha visto scendere
in campo anche l’ambasciata italiana a Praga). Diversi pacchi di mascherine,
provenienti dalla Cina e destinati all’Italia, sono stati trattenuti in
Repubblica Ceca. Panico nella penisola per qualche istante; il tutto si è
risolto nel giro di qualche giorno con l’arrivo nel Belpaese dei noti pacchetti
cinesi passati alle cronache in quanto targati “Forza Italia”.
Vita in strada, tra colonne umane e
deserto – 29 marzo 2020
Oramai non fanno neppure più
notizia le lunghe code fuori dai supermercati: molti cittadini per tutta
l’Europa si sono quasi abituati a mantenere una distanza ragionevole tra di
loro, nei rarissimi momenti di libertà – quasi fosse l’ora d’aria riservata ai
carcerati – fuori dalle mura domestiche. A Praga, tuttavia, di code di fronte
ad ogni negozio non se ne vedono tante al momento.
Laddove le catene umane si
ammassano fuori dalla bottega del macellaio, piuttosto che dalla filiale
bancaria, un metro e mezzo abbondante è rispettato da tutti i cittadini. Non
serpeggia il panico nelle strade praghesi, ma i passanti sono pochi e spesso
con il cane al guinzaglio. Talvolta, anche nella capitale ceca si vedono i
“corridori della domenica”, aggiratori professionisti dei controlli polizieschi
che si improvvisano sportivi pur di uscire di casa.
Anche le auto in circolazione sono
pochissime: le lunghe colonne di Škoda che nei giorni lavorativi, in tempi
“normali”, si ammucchiano ordinatamente al semaforo, sono scomparse. Škoda sta
alla Repubblica Ceca come Fiat sta(va) all’Italia: è “l’auto nazionale”. Oggi
non sono tante quelle che spavaldamente corrono sul manto stradale: molte
riposano silenziosamente nei parcheggi all’aperto sotto i palazzi del centro;
così come i taxi.
Le strade vengono disertate da
praticamente tutti i cittadini: ogni uscita è una “toccata e fuga” verso un
luogo preciso. Gli spettacoli del “grande vuoto” delle piazze, anche a Praga,
conferiscono tristezza; anche quando si è protetti e sigillati nel calduccio
delle proprie abitazioni. Non c’è ancora il deserto totale tra le strade
praghesi, ma lo scenario romano, piuttosto che parigino o newyorchese, è
probabile che sia prossimo.
Medicine (e code) alle “Lékárny” –
31 marzo 2020
Nelle strade di Praga si respira
tranquillità: ad oggi, la Repubblica Ceca presenta meno di tremila casi, sedici
morti e undici guariti; come in molti degli altri paesi europei, le attività
commerciali sono state ridotte all’osso, ma ci sono segnali apertura. Le
attività di prima necessità rimangono sempre aperte e tra di esse le farmacie,
ben fornite e dove un buon flaconcino di disinfettante non manca mai (ne viene
prodotto “artigianalmente” ogni giorno, con scadenza a tre mesi).
Le “lékárny”, così si dice
“farmacie” in ceco, obbligano i clienti a fare a fila fuori dal negozio, onde
evitare sovraffollamenti e spargimenti di potenziali “goccioline nocive” anche
sulle vetrine. Nel freddo praghese di marzo, i clienti aspettano ordinati e in
silenzio fuori dalla farmacia: al telefono. Si guardano intorno: nessuno si
vergogna di indossare la mascherina; questa, ritenuta uno stigma sociale quando
ad indossarla sono quelli che tutti identifichiamo ignorantemente come
“cinesi”, a passeggio nelle città europee.
Nel caso delle farmacie praghesi è
direttamente il commesso – al quale è richiesta la conoscenza quantomeno
elementare dell’inglese, dal momento che non tutti gli abitanti praghesi
parlano ceco – che, vestito tutto di bianco, esce dal negozio e fa segno al
primo della fila di entrare: è solo così che si ha accesso al “tempio della
cura”, della consolazione, del risanamento.
Alle eleganti corone ceche – il cui
valore rispetto al franco elvetico è crollato da 0.42 medio a 0.38 negli ultimi
giorni – si preferisce la carta di credito. Preferibilmente, contactless.
Il “beep” emesso dalla macchinetta delle transazioni rassicura il
cliente. Che, il più delle volte, torna immediatamente a casa, dove si
disinfetta per bene, proprio – verrebbe da dire – come fanno gli scienziati
dopo aver maneggiato materiale sensibile.
Supermercati: l’impresa di fare la spesa
(per un anziano) – 2 aprile 2020
I supermercati sono ancora pieni:
non c’è stata la ressa per “sfondare” le vetrine di BILLA o Tesco, come
accaduto in altri paesi del continente. Certo, rispetto all’Europa dell’Ovest
la Repubblica Ceca è stata meno toccata dal Covid-19: la quarantena imposta a
partire dal 12 marzo scorso – e prolungata recentemente – sembra aver dato i
suoi frutti. In altri termini, le autorità non hanno perso tempo e hanno
operato uno shutdown prematuro delle attività: il caso italiano ha fatto
scuola. E i cechi hanno imparato.
Al supermercato pane, pizzette,
panini e baguette devono essere imbustati nella plastica trasparente. Fino ad
un mese fa, le colonne di donut à-la-Homer Simpson erano esposti
al respiro dei passanti. In Repubblica Ceca l’assalto ai forni non c’è stato:
il pane si trova; non è (più) merce rara (lo era sotto il Comunismo). Alcuni
“buchi” negli scaffali della pasta o del riso ci sono anche a Praga: è normale
per gli alimenti a medio-lunga conservazione.
Agli anziani – dai settant’anni in
più – il governo ha chiesto di non uscire sin dall’inizio dei primi casi di
virus in Cechia. I più agés che s’incontrano al supermercato fanno un
semplice ed innocuo spesino; protetti dall’immancabile mascherina e dalle
“coccole” a distanza dei commessi empatici (in molte catene di supermarket,
questi, destinatari di bonus straordinari) che tentano in qualche modo
di aiutarli nel trasporto della merce alla cassa.
Fanno quasi un po’ di compassione
gli anziani che debbono recarsi più volte al supermercato, visto che non
possono fare lo “spesone” che peserebbe troppo nel tragitto verso casa. Al
supermercato, gli anziani sono gli unici che in questo periodo di pandemia
usano ancora massicciamente i contanti; ricevuti dai commessi che, per ordine
della casa madre, indossano guanti trasparenti in lattice.
Praga spenta: il sole che c’è, il
turismo che manca – 4 aprile 2020
È tornato l’inverno a livello di
temperature, ma il sole non vuol saperne di andare via. Provocatore, con i suoi
raggi che si abbattono sui palazzi multicolori di Praga, sembra prendere in
giro i “reclusi” dietro i vetri di casa. Le giornate soleggiate stimolano la
voglia di uscire: insopportabile l’aria domestica per tutte quelle ore; ore
riempite da ogni genere di attività e che lasciano spazio all’evolversi della
fantasia. Tra tutorial su YouTube e attività artigianali.
Mentre i “ghiacci” cechi si stanno
sciogliendo – e questo avrebbe dovuto essere positivo per l’industria turistica
e alberghiera del paese – tutti sono meticolosamente a casa. E nessun
contrordine da parte del governo. La quarantena sarà ancora lunga (qualche
giorno il l’esecutivo ipotizzava un ritorno alla “normalità” verso inizio
giugno). Chiusi i castelli, i musei, le pinacoteche: che peccato sprecare la
bellezza dietro ad un portone chiuso o una saracinesca spiegata.
Praga è spenta: non è scintillante,
non è dinamica: è buia, nonostante il sole brilli. Nella capitale ceca i mezzi
di trasporto oltre le 22, in particolare tram e metro, hanno registrato una
diminuzione di poco meno dell’ottanta per cento dei passeggeri. Le poste
continuano ad operare: uno dei simboli della Repubblica Ceca manda ancora i
suoi agenti, i mitici – e coraggiosi – postini, porta a porta anche se la
frequenza si è abbassata notevolmente.
Ciononostante, anche in Repubblica
Ceca è aumentato il traffico postale, così come quello telefonico, per non
parlare di quello Internet: si fa quel che si può per togliersi dalla testa la
martellante omogeneità mediatica nel raccontare ogni singola dinamica sociale,
politica, economica, culturale del Covid-19. Elemento di paura, anche nei media
cechi esso è l’oggetto di attenzione mediatica spasmodica quasi senza
precedenti: altro che Brexit, nell’autunno 2019.
Studenti in quarantena: svago o
studio? – 6 aprile 2020
Pare che in Repubblica Ceca le
scuole riapriranno in settembre, ma non c’è ancora nulla di ufficiale. Agli
studenti che pensavano: “Bene, la scuola è finita, andiamo in pace” (pronti a
spararsi quella serie tv che non erano riusciti a vedere su Netflix per via del
grave dello studio) c'è una brutta notizia. Quella riguardante i “compitini”
aggiuntivi. A tutti i livelli, dalle elementari alle medie, dal liceo
all’università, gli studenti si trovano confrontati con una mole notevole di lavoro
… Ad hoc! E in una modalità del tutto nuova.
I seminari e le lezioni
universitarie che dovevano svolgersi in forma orale sono stati sostituiti da
ingombranti “pdf” di decine e decine di pagine che riempiono i già
intasatissimi desktop del computer. Doppio lavoro quindi:
regolari letture di contorno previste per le lezioni e ora anche quelle di
ripiego. Gli esami ci saranno, ma la confusione dettata dall’averli preparati
senza essere andati a lezione o quasi non è proprio confortante.
Da sommare poi il fatto che alcuni
studenti avvertono quasi una sorta di disagio a contattare il docente per
chiedere chiarimenti: nonostante anch’egli sia nella stessa situazione dello
studente, lavora da casa e dunque è nel suo privato. Non ricopre il ruolo
pubblico che avrebbe a scuola: ne deriva dunque la “timidezza” di alcuni
studenti nel chiedere informazioni.
La quarantena che tutti viviamo da
settimane è anche una prova di maturità, specialmente gli studenti: come
useranno il loro tempo a disposizione? Si porteranno avanti per la resa dei
conti in giugno (gli esami) oppure daranno il via ad un intenso programma di
fatti propri? In altri termini, saranno responsabili verso le mansioni
scolastiche – che non sono sospese – o spalancheranno le porte al divertente
cazzeggio?
Docenti e Covid-19: l’insegnamento
sull’insegnamento del futuro? – 8 aprile 2020
Anche i docenti di scuole e
università hanno dovuto più o meno tempestivamente attrezzarsi per dirigere le
lezioni da remoto a causa del Covid-19. Per la gioia di alcuni studenti, che
hanno creduto i loro insegnati “razza estinta” a causa del virus, le lezioni
continueranno in altri formati, diversi da quelli tradizionali. Molti
professori non hanno esitato ad abbracciare positivamente il cambiamento di
circostanze. Come si fa lezione in tempo di quarantena?
Alcuni docenti mandano audio
compressi e slides Power Point via e-mail agli studenti (che fino
all’ultimo hanno confidato in una soppressione totale del corso); altri hanno
rimediato con una sorta di “Skype” di gruppo; altri, quelli più volenterosi,
addirittura video-lezioni artigianali su YouTube; altri ancora hanno
trasformato e ribaltato il corso vero e proprio, obbligando gli alunni a
scrivere paper e a rispondere a domande per iscritto per ovviare alla
loro “mancanza fisica” in classe.
Tutti si adattano, anche il mondo
scolastico: caratteristica di certi atenei cechi, d’altra parte, è la bassa età
media del corpo insegnati; per i quali – conseguentemente – non è stato poi
così difficile conformarsi alle tecnologie che hanno sostituito le scritte in
gesso alla lavagna o la voce squillante di chi ha imparato a memoria la slide
della lezione e la presenta alla mandria studentesca.
“Adobe connect”, “ZOOM”, “loom”,
“Meet” di Google o al limite anche WhatsApp sono i sistemi più comuni per continuare
a intrattenere il filo diretto con gli allievi: le lezioni continuano in un
formato diverso. Insegnare tramite queste tecnologie potrebbe essere utile in
futuro. Che sia questo il prossimo formato d’interazione professore-studente?
Le circostanze imposte dalla quarantena possono “insegnare” ai docenti ad
insegnare nella scuola del futuro.
Frigorifero: non aprire quella
porta! – 10 aprile 2020
Le lunghe ore casalinghe, sui libri
– di svago e di studio – fanno inevitabilmente sorgere una tentazione pericolosa:
quella di aggrapparsi alla maniglia del frigorifero. E così, dopo giornate
lunghe in casa, negli stessi metri quadrati c’è quasi la necessità di un buon
dolcino. Peccato, dicono i più golosi, non poter uscire e andare per le vie di
Praga a comprarsi un buon Trdelník, manicotto alla cannella su brace ungherese,
scippato dai praghesi.
Pazienza, si può ovviare
altrimenti: dopo essere andati cautamente al supermercato, è quasi d’obbligo
rincasare con una potente fornitura dolciaria. Cioccolato, caramelle, biscotti
di ogni tipo sono la tentazione che bussa alla testa ad ogni ora quando si sta
troppo tempo in casa. La permanenza forzata entro il perimetro domestico è
altresì una battaglia contro la dispensa, una guerra contro il frigo, una lotta
dentro se stessi.
La quarantena certamente obbliga a
prestare più attenzione alla nostra attitudine verso le vivande: le date di
scadenza vengono controllate più spesso, si cerca di consumare tutto e buttare
via nulla; il segreto che accomuna fantasia ed etica del consumo (cioè il non
sprecare gli alimenti) è quello di saper mischiare vari gusti e cibi, dato che
l’accesso al supermercato è diventato per tutti più “complesso” a livello
logistico.
E chi diceva: “voglio dimagrire
dopo le feste natalizie”, si ritrova in aprile – a poche settimane dall’inizio
dell’estate – confinato a casa, con lui. Quell’armadio bianco, stimolatore di
desideri nutrizionali. Dieta addio: è quasi impossibile resistere al richiamo
della torta al cioccolato, del biscottino alla vaniglia, dello yogurt alla
frutta. Ed è così che, tra le piccole privazioni di libertà quotidiane dovute
alla quarantena, i programmi per mostrarsi tonici e in forma al momento della
“prova costume” saltano.
La tradizione ceca della lettura –
12 aprile 2020
Tutti a casa davanti a Internet o
con un libro in mano. Nel primo caso, il traffico è aumentato notevolmente in
Repubblica Ceca, mentre a proposito del secondo device – quello
analogico – si può tranquillamente dire che i cechi sono un popolo che legge
molto a prescindere dal Covid-19. Oggi è un mese esatto dal cosiddetto lockdown,
ma fino ad un mese fa, le carrozze della metropolitana di Praga erano piene di
gente, di tutte le età, con un libro in mano.
Quasi tutti. Il pendolarismo dei
più veniva dunque allietato dalla lettura di un bel libro di carta; e, in
alcuni casi, anche di un giornale. Spettacolo che non si vede più nelle
capitali europee d’Occidente: non che i cechi non abbiano gli smartphone,
ma culturalmente sono affezionati ai loro libri. I cechi leggono molto: a
differenza di altre culture, non è dunque un “sacrificio” imbracciarli per più
ore al giorno.
La pandemia è anche un’ottima
occasione per riscoprire antichi e dimenticati autori e poeti seppelliti nel
frenetico ritmo della vita degli anni Venti del Duemila: troppo di corsa per
rileggere attentamente la letteratura boema e morava. Per i più volenterosi, la
pandemia che si abbatte oltre le finestre nelle proprie case, la permanenza
forzata “chez soi” è l’ultima chance per leggere quei tomi che
mai, nella frenesia della vita quotidiana in condizioni normali, verrebbero
letti.
La quarantena induce il lettore
paziente e volenteroso ad impugnare gli enormi volumi che altrimenti non
verrebbero mai letti. E mentre le librerie e i librai soffrono anche in Repubblica
Ceca, in molti hanno previsto che non ci sarà una ripresa prima di Natale,
periodo tradizionalmente piuttosto florido per il settore editoriale.
Igiene e dormitori: vita da cani o
di comunità? – 14 aprile 2020
Si parla poco dei dormitori
studenteschi, potenziali veicoli di diffusione del Covid-19. Certo,
le “hall of residence” dei giovani universitari non sono
l’unico spazio comune dove molti individui passano lunghe ore di quarantena:
ambienti camerateschi ci sono anche in campo militare e per le persone
indigenti, ma dal momento che sono oltre un miliardo gli studenti costretti a
casa, vale la pena concentrarsi su di loro.
A Praga, i dormitori che ospitano
gli studenti si contano sulle dita di una mano: molti ricordano l’epoca
sovietica. Disposti in vari punti della città (metropolitana), sono considerati
non confortevoli dalla comunità giovanile. E lo squallore non può che aumentare
quando nell’aria c’è il “nemico invisibile”. Negli spazi comuni, sarebbe
doveroso mantenere rigide norme d’igiene per il bene di tutta la popolazione
che ne fa uso.
Gli spazi comuni – potenziali
ricettacoli del virus – devono essere sistematicamente disinfettati.
L’università Carlo IV ha di recente diramato un comunicato in merito: nelle
sale comuni – come le cucine – ci si presenta solo con la mascherina
protettiva, ma anche quando l’emergenza da Covid-19 passerà sarebbe comunque
responsabile mantenere ordine e pulizia nelle “hall of residence”
studentesche.
Lo spazio comune è di tutti,
dunque non “non di nessuno”: preservandolo si fa in primis un favore a
se stessi. La vita di comunità si basa sulla tolleranza reciproca e bilaterale:
senza igiene, si pratica più una vita da cani, che da umani. E sebbene molti
giovani (studenti e non) credono di essere come i cani – largamente immuni al
Covid-19 – la prudenza, anche nei dormitori, non è mai troppa.
Food & Travelling:
due industrie in difficoltà – 16 aprile 2020
Secondo le previsioni
dell’Associazione e ristoranti della Repubblica Ceca, il settore della
ristorazione perderà circa il quaranta per cento del fatturato rispetto
all’anno scorso. Stime gravi e non incoraggianti. A remare a favore del
Covid-19, sembrerebbero esserci inoltre anche le temperature: sia in Boemia che
Moravia queste hanno fatto su e giù per settimane, compromettendo diverse
tipologie di frutti.
In Boemia meridionale, ad esempio,
albicocche e mele hanno risentito dell’improvviso raffreddamento meteorologico
di qualche giorno fa, cosa che inevitabilmente ha già danneggiato molti
agricoltori e rivenditori. Brutte notizie anche per gli amanti della birra: la
produzione di pivo è crollata da giorni; di pari passo, è aumentato
dunque il consumo di quella in bottiglia di plastica del supermercato.
Sempre a livello di consumi,
occorre ricordare che circa un quinto dei cechi non avrebbe sufficienti
risparmi per coprire un mese senza lavoro (cioè senza percepimento di
stipendio, fonte La Pagina), cosa che tocca in particolar modo l’industria del food.
Questa, gravemente azzoppata in tutto il paese, nonostante a Praga ci sia un boom
del cosiddetto delivering, la spedizione di cibo a casa).
E se il settore alimentare non
procede bene, quello del travelling va ancora peggio: un duro colpo è
previsto anche per il settore della mobilità aerea. A inizio aprile l’aeroporto
Václav Havel ha segnato meno ottantasei per cento rispetto ai voli dell’anno
scorso. Un settore molto esposto, dal momento che la quarantena ha ridotto in
primis una libertà che da anni abbiamo dato per scontata: quella di
viaggiare.
Piccoli ricordi praghesi dal sapore
antico – 18 aprile 2020
Sembrano lontanissimi i giorni in
cui si usciva di casa e si osservavano i bellissimi palazzi di Praga 2, dove l’art
nouveau d’inizio Novecento svetta sulla grisaglia da Politburo e morte
infrastrutturale di quasi mezzo secolo di Comunismo. E quei cantieri che davano
tanto fastidio improvvisamente mancano: come fanno molti anziani, in tanti –
pur di evadere dalla quarantena – volentieri andrebbero a fissare i buchi in
strada e le gru in azione, col cappello in testa, il giornale in mano e un
leggero accenno di gobba.
La birra artigianale è un gusto
oramai sconosciuto: quella ceca è come l’espresso italiano; va bene quasi a
tutte le ore del giorno, perché diventa una necessità, un costume. La birrata
con gli amici, lo schiocco del vetro dei grossi boccali al bar durante il
brindisi, un cartoccio di patatine fritte belle unte mentre si passeggia al
Můstek… Tutto quasi dimenticato: ricordi sbiaditi. E pensare che siamo solo
alla quinta settimana di quarantena …
Ciò che è chiaro sin da ora è che
al termine dell’emergenza sanitaria molte piccole azioni che davamo per
scontato subiranno un cambiamento quasi radicale a livello di percezione
individuale. Anche a Praga: tollereremo meglio il cingolare dei tram, gli
uccelli che rovinano le foto sul Ponte Carlo, il cane del vicino che abbaia per
uscire a fare una passeggiata a Karlovo náměstí, la coda alla Česká pošta o
alle banche …
Tutti segnali di vita, di una vita
che ancora oggi è malinconicamente repressa nelle case. Mentre il sole ci
guarda, oltre i vetri della finestra. Finita la quarantena riprenderemo
prepotentemente il nostro “quotidiano”, ma con una percezione diversa: avremmo
sperimentato il taglio dei legami sociali e altro non vorremmo che ri-entrare
in contatto con gli altri. Per quanto solitari si possa essere, l’isolamento
perpetuo non è sano.
Ottimismo: le storielle di una
Praga che si adatta – 20 aprile 2020
Sono molte le modifiche comportamentali
che la pandemia ha imposto a tutti i cittadini del mondo. Ognuno ha dovuto
adattarsi come ha potuto a questa nuova sfida. E i cittadini della Repubblica
Ceca hanno reagito nel complesso molto bene. Si sono attenuti rigorosamente
alle regole previste dall’Esecutivo, le hanno fatte proprie – con sacrificio
notevole, vista l’economia del secondario su cui si basa il paese – e ciò ha
consentito un livello di infezioni e di morti molto basso.
Sono tante le storielle di un paese
che ha reagito efficacemente alla sfida del coronavirus. A Praga, ad esempio, i
vagoni della metropolitana sono stati disinfettati e puliti per bene con
speciali anti-batteri e antivirus in grado di scrostare anche le muffe. Un
trattamento che durerà due anni. Nelle newsletter che le università
mandano ai propri studenti, c’è l’invito esplicito di prendersi una piccola
passeggiata, fatta con prudenza e diligenza.
Alcune aziende produttrici di birra
si sono coalizzate online per vendere buoni ai clienti che, dopo la fine
della quarantena, potranno andare ad acquistare il loro prodotto al negozio.
Piano piano i ghiacci si stanno sciogliendo: il governo rinnova ogni giorno i
permessi di apertura ad alcune categorie, specialmente nel mondo della
fornitura, visto che il paese non può stare chiuso in eterno (il Ministero
delle Finanze già prevede un calo del 5.6 per cento del PIL per quest’anno).
E a Malá Strana (lato Ovest della
città) anche il celebre e pasticciatissimo muro con il volto di John Lennon –
punto di riferimento e di raccolta di molti giovani praghesi in epoca di
dominio comunista del paese – si è adattato al Covid-19: qualche giorno fa sul
volto dell’ex leader dei Beatles è stata dipinta una mascherina. Let
it be.
Praga apripista: ritorno alla
“normalità”? – 22.04.2020
Pur con diverse barriere e limiti,
il ritorno alla cosiddetta normalità nella Repubblica Ceca avviene molto prima
rispetto ad altri paesi dell’Europa occidentale alle prese con il virus. Praga
è stata una delle città europee in cui il contagio di Covid-19 è stato gestito
in maniera quasi esemplare: certo, molti settori economici hanno pagato o
pagheranno per mesi la chiusura forzata, ma il sacrificio ha risparmiato i
lutti e le lacrime dei più.
Alimentari e farmacie non sono mai
stati chiusi: piano piano il governo, fortificato dal bassissimo numero dei
decessi per tutto il corso della malattia e dalla disciplina che la stragrande
maggioranza dei cechi si è autoimposta, ha deciso di aprire diverse attività. Petit
à petit. Cartolerie, negozi di biciclette: ritorna nei giardini dei cechi
anche la mania del bricolage, attività aiutata dalla sole raggiante che,
quanto meno a Praga, in queste settimane non ha smesso di dare forza agli
abitanti rinchiusi a casa.
Anche le attività sportive
riprendono: molti, come in tutta Europa, hanno scoperto una vocazione da
maratoneti, sepolta nel profondo dell’animo ed emersa nei giorni della
quarantena forzata. Ci auguriamo, siamo sicuri, che i nuovi Usain Bolt de
noantri continueranno a fare jogging e lunghe corse nei parchi (i
più disciplinati durante la quarantena hanno percorso chilometri in soggiorno)
anche dopo il lockdown.
Riprendono anche altre attività
sportive, come il tennis. Riprende, per molti, semplicemente quella “voglia di
stare insieme”, quel senso di
comunità che, contrariamente all’individualismo ceco, è mancato a molti ed è
stato sopportato da alcuni. Il ritorno alla cosiddetta normalità è ancora
lontano, ma Praga reagisce aprendo attività e tenta con prudenza di
ricominciare a correre.
Le
vitamine di frutta, verdura e libri – 24.04.2020
Vitamine
per tutti? Pochi giorni fa in Repubblica Ceca è ricominciata la vendita di
frutta e verdura fresca, dunque la riapertura dei mercati all’aperto: un passo
importante che aiuterà i piccoli commercianti e lenirà il fatturato in questo
campo dei supermercati (gli unici a poter rimanere aperti durante il periodo di
lockdown). A beneficiare dall’apertura dei mercati saranno anche i
contadini, molti dei quali lavorano nelle periferie boeme e in Moravia.
Il
settore agricolo-primario ceco ha registrato gravi perdite economiche a causa
del Covid-19 nelle ultime settimane. I gestori dei mercati hanno promosso la
vendita al dettaglio per i cittadini, che contattavano i rivenditori chiedendo
loro di riservare frutta e verdura al momento della riapertura. In questo modo
la produzione agricola continuava (a rilento), i fornitori lavoravano, i
venditori erano remunerati. E adesso i clienti passano all’incasso: vitamine
dopo settimane di verdura surgelata!
Ma
a dar contenuto nutriente, potremmo dire all’anima, sono anche i libri. Dopo
aver letto e riletto i “compagni cartacei” di casa, sottolineatone i passaggi
importanti, averli ripresi dopo giorni per scolpirli ulteriormente nella mente,
c’è quasi la necessità di nutrirsi di nuove pubblicazioni. A Praga le librerie
non hanno ottenuto alcun trattamento di favore durante il lockdown: a
differenza di molti paesi, queste nella capitale ceca Praga sarebbero state
discretamente affollate, in ossequio alla lunga “tradizione libraia” nelle
terre boeme.
Il
mercato editoriale ceco, già in difficoltà come altrove (teniamo presente che i
libri in ceco sono letti da poco più di undici milioni di persone al mondo),
subirà importanti cali a livello di fatturato. Molte associazioni di librai
prevedono un calo del trenta per cento rispetto all’anno scorso e hanno
pertanto chiesto al governo circa un miliardo di corone (poco meno di
trentanove milioni di franchi svizzeri) per aiutare il settore.
Debito
e mascherine del futuro – 26.04.2020
Si
è parlato molto di solidarietà in questi mesi: recentemente, alcuni paesi – in
pseudo bancarotta – l’hanno scambiata con il diritto di fare ancora più debito
da scaricare sulle generazioni future, ma altri invece – che hanno un debito
rispetto al PIL molto basso – hanno dato e promosso un significato diverso
della parola. È il caso della Repubblica Ceca. In questo senso, in nome del
gemellaggio Praga-Taipei, i taiwanesi hanno recentemente donato venticinque
ventilatori al paese dell’Europa Centrale.
Secondariamente,
in una recente comunicazione del Ministero degli Esteri ceco, sotto l’etichetta
“aiuti umanitari”, ha spiegato che prossimamente Praga aprirà i cordoni della
borsa per aiutare i paesi affetti da Covid-19 in Europa. Secondo fonti interne,
i paesi destinatari di venticinque milioni di corone ceche (poco meno di un
milione di franchi svizzeri) saranno principalmente Bosnia ed Erzegovina,
Moldavia, Ucraina, ma anche Cambogia.
Con
il rilassamento delle misure governative di confinamento (e lo si sente dai
cantieri che pian piano stanno riaprendo
sotto il cielo azzurro primaverile), anche in Repubblica Ceca c’è stato un
generale incremento di violazione dell’utilizzo di mascherine per coprire naso
e bocca. Desiderosi di tornare in fretta alla cosiddetta normalità (cosa
impossibile per ancora molto tempo), tanti continuano a credere che la
mascherina non sarà un tratto distintivo del genere umano per i prossimi mesi.
Si sbagliano: il presidio di
protezione delle vie orali dovrà restare attaccato ai nostri volti ancora per
un bel po’. Molte case di moda hanno già progettato modelli permanenti in
questo campo e hanno incluso le mascherine con il loro marchio chic come
indumento nelle prossime collezioni, anche se è abbastanza improbabile che con
l’innalzamento della calura estiva si vedranno folle di umani con mascherine di
Gucci piuttosto che di Vuitton. Ma mai sottovalutare il potere di acquisto.
Mobilità e
ritorno alla libera circolazione – 28.04.2020
Fine delle misure ristrettive
sulla libera circolazione: cittadini, residenti e lavoratori transfrontalieri
possono da oggi entrare e uscire liberamente in Repubblica Ceca; ai turisti è
ancora imposto il fermo alla frontiera. In caso di positività al test del
coronavirus, sarà comunque necessario trattenersi presso il proprio domicilio
per due settimane in quarantena; in caso di negatività la libera circolazione è
garantita.
Lo stato di emergenza doveva
concludersi il 25 maggio, ma il governo ceco ha anticipato il tutto al 30
aprile; da ieri la gran parte dei negozi ha già aperto. Praga torna a
risplendere, a fiorire: i rumori dei motori, risate, bambini che urlano; brusio
di sottofondo da città … Sebbene il Covid-19 non sia scomparso, la capitale
ceca si rinnova e si reinventa: pronti gli sconti per i turisti, con programmi
scontati in diverse attrazioni.
Libertà di movimento dunque: dopo
sei settimane sono in molti a reagire in maniera euforica. Sebbene piano piano
apriranno tutte le categorie commerciali, i danni al tessuto economico sono notevoli:
il segno negativo nella prima metà del 2020 sarà la norma non solo per la
Repubblica Ceca. Il
settore automobilistico ha sofferto molto durante i quasi due mesi di chiusura
forzata delle attività.
All’undici per cento i crolli delle
produzioni automobilistiche nel primo trimestre 2020 rispetto al 2019. Piano
piano le aziende stanno riaprendo e nelle catene di montaggio sono già state
predisposte misure igienico-sanitarie. Ancora scarse le notizie circa il
movimento tramite aereo (possibile che per riassorbire le perdite, i prezzi dei
biglietti saranno più alti). D’altronde, la libertà – riacquisita – ha un
prezzo …
Salute e democrazia: i rischi del
post-Covid-19 – 30.04.2020
Ad uscire rafforzati dal periodo di
lockdown saranno i regimi autoritari o con tali tendenze. Questi, in
molti casi prossimi alla bancarotta nonostante sempre inclini a voler mostrare
i muscoli, sfoggeranno e manipoleranno i bassi bilanci di morti di Covid-19,
dovuti alla gestione brutale – proprio perché autoritaria – dell’infezione
virale, efficace per via della sospensione dei diritti individuali. Bilanci
contraffatti, censure, falsificazioni di ogni genere saranno all’ordine del
giorno.
Quanto alle democrazie, molte
usciranno dal periodo di pandemia con le ossa rotte e una ricostruzione da
avviare al più presto come negli scenari post-bellici oppure saranno salde dal
punto di vista sociale, vista una riscoperta forza collettiva nel momento
dell’emergenza. Ma una terza categoria di stati è quella di coloro che stanno
abbracciando l’autoritarismo strisciante e ammirano i regimi che fanno uso di
metodi pre-tirannici nella gestione della cosa pubblica.
Stregati dai modelli autoritari e
apparentemente vincenti, molte democrazie (come quella magiara, non lontano
dalla Repubblica Ceca) hanno approfittato o approfitteranno delle misure
eccezionali dei cosiddetti poteri di emergenza per dirigersi verso un sistema
illiberale. A Praga ci si ricorda troppo bene cosa sono i “poteri speciali”;
essi sospendono lo Stato di diritto, la democrazia e le libertà fondamentali.
Il pretesto della salvaguardia
della salute dei propri cittadini può e potrà trasformarsi in un annichilimento
delle libertà individuali nei regimi tendenzialmente già allergici alla
democrazia e dunque portare alla costituzione di un “comitato di salute
pubblica” in stile periodo del Terrore francese; altrimenti detto, di un
sistema a gestione autoritaria della nazione. Questo è uno dei temi del periodo
post-Covid 19. Ed è uno scenario che va evitato. Per la nostra salute. Per la
nostra democrazia. Per la salute della democrazia.
Silenzio (che manca) e riaperture a
gradi – 02.05.2020
Il mercato del lavoro ceco sarà
particolarmente segnato dagli effetti del Covid-19: nelle scorse settimane
molte catene commerciali hanno assunto diverse migliaia di persone, molti delle
quali erano state licenziate da bar e ristoranti oggi ancora sigillati. Si
tratta di lavori cosiddetti precari: i contratti sono tutti a breve termine; il
futuro è dunque aperto a nuovi licenziamenti. La certezza del posto fisso è
paradossalmente diventata rara.
D’altra parte, non è chiaro quando
riapriranno le frontiere: bar e ristoranti dovrebbero farlo prima della
stagione estiva; le scuole a metà maggio (con buona pace di chi pensava di saltare
gli esami). A premere per un’anticipazione della riapertura totale è
evidentemente il settore alberghiero, gravemente colpito dal mancato afflusso
turistico proveniente dall’estero.
Praga sta resuscitando, ma è come
se fosse stata addormentata per anni: la chiusura delle attività aveva imposto
un silenzio a cui non si era abituati. Conseguentemente, la percezione del
silenzio cittadino in pieno giorno è cambiata. Da una parte, la pace per le
orecchie; dall’altra, il disagio non solo di non potere uscire e godersi
quell’“udibile nulla”, ma anche il pensiero verso chi lavora all’aperto ed è
impedito in tale attività.
La riapertura graduale delle
attività commerciali in Repubblica Ceca comporta inevitabilmente una sorta di
nostalgia paradossale: dopo averlo maledetto implicitamente per sei settimane,
ironicamente oggi – a fronte di martellate sui sampietrini, betoniere e gru in
azione, urla degli operai edili e dei bambini con il gelato in mano, ragazzotti
che sghignazzano – il silenzio cittadino a cui ci si era abituati è tornato ad
essere merce rara.
Rinascita
ceca: buone notizie da un lungo disgelo – 04.05.2020
Lentamente la tanto agognata
“normalità” cittadina sta catturando ogni strada e attività commerciale e
sociale. Va da sé che le abitudini di tutti i cittadini dovranno
necessariamente mutare, ma nel complesso – lo abbiano notato diverse volte in
queste righe – la popolazione ceca ha reagito piuttosto bene alla pandemia di
Covid-19, con una gestione quasi esemplare. Bravi cechi, che oggi raccolgono i
meritati frutti, con pochissimi decessi.
Diverse le recenti buone notizie
post-lockdown. Già verso l’ultimo terzo del mese di marzo ai cittadini
cechi era stato consentito di andare in merceria per fabbricarsi mascherine fai
da te, cosa che è stata emulata in diversi paesi del mondo e rilanciata da
diversi media nazionali che hanno enfatizzato l’originale artigianalità boema
nel campo della protezione delle vie orali (fenomeno ripreso persino da CNN).
Assieme alla rinascita del paese,
è “rinato” anche il concetto di nascita. Un gioco di parole per dire che da
metà marzo a metà aprile i padri non erano ammessi nelle sale parto. Oggi
invece, con le dovute precauzioni, essi possono assistere allo schiudersi degli
occhi del proprio piccolo e condividere la gioia di essere diventati papà con
la compagna o moglie. Quasi fosse un premio dopo gli ultimi mesi di angosciante
gestazione.
Un altro effetto positivo del
post-quarantena lo nota la sezione praghese del sito web della Polizia:
in Repubblica Ceca le rapine sono crollate di un quarto rispetto al marzo
dell’anno scorso (fonte La Pagina). Va da sé che con meno gente in giro i
ladrocini domestici sono complessi per i ladri, dal momento che a presidiare
case e appartamenti sono proprio i proprietari.
Ma la cura siamo noi! – 06.05.2020
Non sarà mai un decreto
governativo, la riapertura di un negozio, il riavvio delle scuole o del proprio
impiego lavorativo o più in generale una data che decreterà la morte del
Covid-19. Non sarà una combinazione di giorno e mese che disattiverà il carico
virale che turba il mondo intero. Molti governi hanno predisposto aiuti alle
imprese e alle famiglie – la Repubblica Ceca è uno di questi –, ma tocca a
tutti i cittadini continuare a fare la propria parte anche nel post-lockdown.
In altre parole, ogni singolo
individuo dovrà impegnarsi a convivere con una malattia di cui per ora non
esiste vaccino e di cui non è stato sviluppato un enorme tasso di immunità.
Ognuno di noi può fare la differenza: in questo periodo più che mai – e si parla
di mesi, non di giorni – se davvero si tiene a se stessi, ci si protegge e si
adotta con le necessarie misure di protezione quando si è a contatto con gli
altri.
Non è ancora chiaro se sarà la
mascherina il device sanitario più idoneo da adottarsi al “vivere
civile” nel medio-lungo periodo. Di fatto, i contatti sociali e tutta la
fisicità a cui molti sono affezionati anche in pubblico dovranno saltare ancora
per un bel po’. Passeggiate per mano, sbaciucchiamenti o strusciamenti nei
centri cittadini potrebbero diventare più rari proprio come conseguenza della
necessità di “stare lontani”.
Ed è proprio quella distanziazione
sociale – che impone quasi una schizzinosità autodifensiva – che, ancora per un
po’ di tempo, potrà scongiurare l’arrivo di una nuova ondata del nemico
invisibile. Lui, che non rispetta le date imposte dai governi o le tanto
celebrate frontiere e barriere internazionali. La soluzione siamo noi: ognuno,
come sempre nella vita, ogni singolo, ogni individuo farà la differenza. La
nostra cura siamo noi.
Cinema al chiaro di luna: il
ritorno del drive-in – 08.05.2020
La Repubblica Ceca – fino ai primi
anni Novanta ancora Cecoslovacchia – ha una lunga tradizione cinematografica:
la dittatura comunista perseguitava gli artisti non in linea con il regime, ma
d’altra parte ne assoldava altri per spargere il virus totalitario nella
popolazione. La cultura cinematografica ceca – in gran parte d’autore – è di
pregio, specialmente quella del secolo scorso.
Oggi, il crollo in tutto il mondo
del settore cinematografico – come testimoniato dai tanti tg che hanno mostrato
i boulevard di Hollywood deserti e interrogativi sull’industry del
cinema americano post-Covid-19 –, ha toccato anche Praga. Come altrove,
l’industria degli eventi culturali è in grave crisi, ma un ritorno al passato è
possibile. No, non al passato recente (quando eravamo liberi di andare al
cinema senza curarci del respiro altrui), ma quello quasi remoto.
L’idea di vedere i film “al cinema”
in modalità drive-in riporta a molti la mente indietro alla propria
giovinezza, quando – con il/la proprio/a partner – guardavano le
proiezioni su tela dai sedili dell’auto (spesso sgangherata). È dunque così che
da fine aprile anche a Praga, al mercato di Holešovice e presso la stazione
merci di Žizkov sarà possibile assistere a diverse proiezioni cinematografiche.
Insomma: c’è voluta la pandemia
globale per riportare indietro l’orologio di diversi decenni e guardarsi, come
succedeva negli Stati Uniti, un bel film al chiaro di luna. Se molti cresciuti
oltre la cortina di ferro potevano solo immaginare sbaciucchiamenti in macchina
come avveniva nell’America di un tempo, oggi – decenni dopo – molti cechi
possono rifarsi di quell’esperienza.
Nuvole
grigie in cielo e sull’economia – 10.05.2020
Dopo
lunghe giornate “estive” trascorse in casa e ad invidiare qualunque forma di
vita che potesse stare sotto il sole caldo di un cielo azzurro senza nuvole, al
cadere delle misure restrittive sulla mobilità personale il cielo si è tinto di
grigio: e quando c’è il sole, è un via-vai di nuvole. Sono giorni che a Praga –
Praga libera – dopo la fine del lockdown pochi si godono un lento
ritorno alla cosiddetta normalità.
Purtroppo,
sotto le nuvole e non sotto i raggi del sole. Nel frattempo, lo zoo ha riaperto
(i biglietti sono vendibili solo online per evitare lunghe code agli
sportelli) e la gratuità delle zone di parcheggio centrali è conclusa. L’ora di
fare i conti con le nuvole nere che stazionano sull’economia ceca è arrivata:
nel 2020 questa potrebbe vedere una contrazione del PIL del 6.2 per cento; la
media europea è stimata a 7.4% rispetto all’anno scorso (fonte: La Pagina).
Il
Ministero del Lavoro ha attestato un mezzo punto percentuale d’incremento della
disoccupazione, in febbraio al tre per cento su scala nazionale. Relativamente
bassa sin dall’inizio della crisi, questa – per il momento – è destinata ad
aumentare, ma senza creare scenari apocalittici all’americana. Secondariamente,
il debito pubblico salirà entro il 2021 da poco più del trenta per cento (2019)
al quaranta per cento.
Un
debito relativamente basso, cosa che è servita nel periodo di emergenza. Questo
a dimostrare che il governo di Praga, non spendaccione in passato, nel momento
del bisogno ha avuto le risorse di cui necessitava, senza devastare l’economia.
Altri colleghi europei invece si sono lanciati per anni in considerevoli
sperperi e mancette elettorali di ogni tipo: non stupisce che non abbiano
potuto aumentare la spesa pubblica senza recare danni consistenti alle casse
dello Stato.
Il
virus totalitario e le reazioni dei cechi – 12.05.2020
La
Repubblica Ceca ha una storia travagliata: non sono passati così tanti anni
dalla fine del sistema totalitario comunista – tre decenni, un granello di
sabbia nella spiaggia del tempo e della Storia dell’uomo –, ma i danni della
dittatura hanno lasciato segni permanente visibili e invisibili sulla pelle dei
boemi e dei moravi. Lo spirito patriottico e il ripudio dell’estremismo
politico fanno oggi parte del patrimonio culturale comune dei cechi.
E
se si guarda come hanno reagito nel complesso i cittadini di fronte
all’emergenza del Covid-19, la reazione e la disciplina dei cechi è stata nel
complesso notevole. Certo, i furbetti che hanno arginato le regole – alcuni per
necessità di portare a casa il pane, occorre ricordare – altri per ripudio
dell’ordine ci sono stati, ma si tratta di una scarsissima minoranza.
Si
potrebbe azzardare un paragone tra il virus e il sistema totalitario: entrambi
hanno colpito la Repubblica Ceca, entrambi sono stati mal sopportati dai
cittadini, entrambi hanno aiutato a creare gli anticorpi sociali e uno spirito
di resistenza. Il virus, come il Comunismo finito nel dicembre 1989, ruba
l’anima, corrompe il fisico, installa la paura dell’altro, nutre i pregiudizi.
Diventa sempre più irrespirabile. E può uccidere.
In
questo senso, la pandemia di Covid-19 non è stata una novità per il popolo
ceco. Da entrambi i virus (quello totalitario e quello odierno) si può
imparare. La differenza è che il primo ha fatto danni difficili da cicatrizzare
e con cui fare i conti per generazioni; il secondo, con forza e volontà,
apertura di menti e frontiere, sprigionamento del libero mercato e della forza
dell’individuo, riporterà il benessere che a Praga iniziò trent’anni fa con la
Rivoluzione di velluto.
La
libertà e la fine, quindi l’inizio, del virus – 14.05.2020
Il
Covid-19 si è esteso in tutto il pianeta ad una rapidità impressionante: ha certificato
le diverse reazioni di diversi popoli di fronte all’emergenza, ha punito
maggiormente chi non ha rispettato le regole della convivenza civile (per cui
stando a casa, chi può, fa innanzitutto un favore a se stesso prima che agli
altri), ha dimostrato che se c’è un obiettivo comune è possibile fare sforzi
straordinari (costo: il benessere economico) per fronteggiare il grande nemico.
In
Repubblica Ceca il settore secondario ha sofferto e soffrirà molto, ma l’idea
di aver un malessere economico nel lungo termine anziché nel breve, ha spinto
l’ultra maggioranza dei cittadini a rispettare le misure del governo: libertà
di movimento sospesa e ripristinata in tempi rapidi. Il rispetto delle regole è
quantomeno dovuto per puro egoismo e spirito di sopravvivenza: prima si
rispettano le regole, prima il virus verrà arginato, prima si tornerà al lavoro
e l’economia, piano piano, ripartirà.
Non
sarà mai un decreto governativo a stabilire l’inizio o la fine della pandemia.
Nelle scorse settimane molti paesi hanno visto rinnovarsi periodicamente i
periodi di isolamento dei propri cittadini, nonché strette sui controlli,
chiusure e limitazioni. Non è una data e un bollo del ministero che sancisce la
morte del virus. Non appena è dichiarato il “liberi tutti”, è possibile
riprecipitare nella spirale infettiva.
Il
virus non conosce confini o frontiere: acchiappa potenzialmente tutti, dai
malati ai sani, dai ricchi ai poveri, dai religiosi agli atei, dagli sciocchi
ai savi. Il virus è uguaglianza e ciò che impone l’uguaglianza dall’alto (che
siano ideologie totalitarie, leggi disumane o quant’altro) d’imperio o per
decreto, alla fine non fa altro che eliminare la libertà individuale. Il bene
più prezioso che abbiamo, l’ossigeno che ci è mancato in questi mesi.